LA VITAMINA D
La vitamina d e il sistema immunitario
La vitamina D, al contrario della sua denominazione è in realtà un ormone. Nell’immaginario collettivo è in grado di migliorare l’assorbimento di calcio nelle nostre ossa. Sicuramente l’informazione se pur veritiera è la conseguenza della più grande mistificazione medica nei confronti di un micronutriente. Infatti rappresentare l’importanza della vitamina D, riconoscendogli soltanto il compito di coadiuvare la cura all’osteoporosi e del rachitismo, non rende assolutamente merito all’importanza fondamentale che tale micronutriente ha invece per la nostra salute.
Sarebbe come affermare che il sole per le piante è utile solo a scaldarle. Ma sappiano che non è così. Il sole è la vita, ed in effetti senza questa nostra stella, la vita sul pianeta terra si estinguerebbe in pochissimi giorni. Anche nel caso dell’uomo, l’evoluzione ha previsto per il sole un ruolo fondamentale, la produzione della vitamina D. Solo negli ultimi anni la medicina ufficiale ha incominciato a comprendere l’importanza della vitamina D (tali ricerche purtroppo non sono promulgate adeguatamente). Innanzitutto è stato appurato che la vitamina D in effetti è un ormone, in quanto si comporta esattamente come gli altri ormoni steroidei (ad esempio il cortisolo). Non solo, la sua azione è rivolta ad ogni cellula, ad ogni tessuto ed organo del corpo (non esiste un altro ormone con una capacità così universale). La vitamina D addirittura regola circa il 3% del genoma umano (del Dna) e si lega a dei recettori (ce ne sono 2.246 solo nella catene del Dna) inducendo all’interno della cellula migliaia di azioni differenti (in base al recettore a cui si è legato). E’ stato confermato da studi clinici, che la vitamina D ha un effetto significativo su 229 geni, compresi quelli correlati alle malattie della sclerosi multipla, il diabete (tipo 1) e il morbo di Crohn. Questo significa che ad oggi, ancora non conosciamo le reali attività che la vitamina d svolge all’interno del nostro corpo. Cerchiamo allora di capirne un po’ di più.
Da dove proviene la vitamina D?
Possiamo assumere dalla dieta circa il 10% circa della vitamina D di cui abbiamo bisogno, mentre il restante 90% è prodotto dalla nostra pelle con l’esposizione ai raggi UVB. Per quanto riguarda quella assunta con la dieta, si suddivide in vitamina D2 (ergocalciferolo) di origine vegetale e vitamina D3 (colecalciferolo) di origine animale. La vitamina D stimolata dal sole è del tipo vitamina D3 (colecalciferolo) e la produciamo grazie alle cellule della pelle (cheratinociti) che utilizzano i raggi UVB per processare il colesterolo (7-deidrocolesterolo).
Approfondimento tecnico.
Sia la vitamina D2 che la D3 si legano a delle speciali proteine (DPB Vitamin D Dinding Protein) per essere trasportate nel fegato. All’interno di questo organo sono processate (idrossilate) per diventare molecole 25-idrossivitaminaD (25(OH)D) conosciute anche come calcifediolo. Questa tipo di molecola è biologicamente inattiva (è un marker usato per capire se si è carenti) e, per essere utilizzata dal corpo, deve subire un altro processo chimico tramite un enzima (1-idrossilasi) per trasformarsi in 1,25-di-idrossi-vitamina D (1,25-(OH)2D3) anche detta calcitriolo.
Questo processo avviene principalmente nei tuboli renali (che ne regolano anche la quantità nel sangue), ma anche in vari tessuti o nelle singole cellule del corpo (cellule immunitarie).
La vitamina D è anche correlata al metabolismo del calcio (da cui dipende anche la sua regolazione nel sangue) risultando essenziale nel processo di modellamento delle ossa e nel contrastare l’osteoporosi.
Spieghiamone il meccanismo.
Il metabolismo del calcio e la vitamina D
Il metabolismo del calcio è regolato dall’ormone paratormone (o ormone paratiroideo o Pth) sintetizzato dalle ghiandole paratiroidi. Questo ormone è in grado di agire sulla capacità di assimilazione del calcio dall’intestino, di controllare sia il riassorbimento a livello renale che l’attività delle cellule osteoblaste (che costruiscono l’osso) e a quelle osteoclaste (che distruggono l’osso). Il nostro scheletro è in continua fase catabolica ed anabolica, ma il giusto equilibrio tra queste due fasi, dipende principalmente dalla quantità di calcio presente nel sangue.
Approfondimento tecnico.
Quando il livello di calcio nel sangue è troppo basso, l’ormone paratormone stimola la produzione renale di 1,25-di-idrossi-vitamina (vitamina D attiva), aumenta la ritenzione di calcio dai reni, aumenta l’attività degli osteoclasti (le cellule che demoliscono l’osso). La vitamina D attiva (1,25-di-idrossi-vitamina D) si lega ai recettori intestinali, incrementando sensibilmente la capacità dell’intestino di assimilare il calcio (dal 10% senza vitamina D al 40 %) e stimola i fibroblasti nella costruzione di nuovo osso.
Esiste inoltre un meccanismo di feedback negativo che in caso di eccesso di calcio nel sangue (ipercalcemia) riassorbe la quantità di vitamina D attiva, in modo da ridurre la capacità di assimilazione di calcio da parte dell’intestino. E’quindi piuttosto evidente che la carenza di questa vitamina-ormone è la causa principale dell’osteoporosi.
Ma quali sono le altre funzioni della vitamina D?
La vitamina D ed il nostro corpo
Come abbiamo detto, la vitamina D è molto più di quello che l’informazione vuole rappresentare. La sua interazione con il nostro corpo è universale, ma ancora poco conosciuta da parte della medicina. Sappiamo però che esistono dei recettori chiamati Dvr (molecole che si legano all'ormone-vitamina D) all’interno dei seguenti tessuti: tessuto adiposo, surrene, cuore, cellule endoteliali aortiche, cervello, cellule insule pancreatiche, ghiandola mammaria paratiroide, cellule neoplastiche parotide, condrociti, ipofisi, colon, placenta, ovaio, prostata, epididimo, retina, follicolo pilifero, cute, cellule intestinali, stomaco, cellule renali, testicolo, fegato, timo, polmone e tiroide.
Grazie a questi recettori, la vitamina D interagisce con le seguenti azioni genomiche non classiche:
- Inibizione della crescita cellulare
- Regolazione dell’apoptosi
- Controllo della differenziazione cellulare
- Modulazione della risposta immune
- Prevenzione della trasformazione neoplastica
- Controllo del sistema renina-angiotesina
- Controllo della secrezione insulinica
- Controllo della funzione muscolare
- Controllo del sistema nervoso
Queste azioni non sono ancora state studiate in maniera approfondita dalla scienza e quindi non siamo in grado oggi, di sapere come la carenza di vitamina D incida su questi processi metabolici. L’azione che sembra di maggiore interesse per la scienza riguarda il nostro sistema immunitario, dove la vitamina D ha un ruolo fondamentale.
Approfondiamolo insieme.
La vitamina D ed il nostro sistema immunitario
Come abbiamo visto, il nostro sistema immunitario è molto complesso ed è composto da diverse tipologie di cellule predisposte ad uccidere qualsiasi anti-gene (virus, batteri, funghi) che attaccano il nostro corpo o le sue cellule che si trasformano in tumorali. Come abbiamo già spiegato nel capitolo apposito (rif. pag. 147), abbiamo vari tipi di linfociti T (killer, helper, etc.), B e cellule dendritiche, ognuno dei quali comunica tramite dei mediatori (interleuchine), potendo generare differenti risposte immunitarie. Se volessimo paragonare il corpo ad uno stato moderno, il nostro sistema immunitario sarebbe rappresentato dalle forze dell’ordine e dalle forze militari. Un singolo corpo (ad esempio l’aeronautica) svolge un compito a se stante ma sempre in coordinamento con le altre forze. A svolgere questo compito e quindi verificare a controllare che gli ordini vengano eseguiti correttamente, sono gli ufficiali ed i sottoufficiali. Nel nostro sistema immunitario questo compito è svolto esclusivamente dalla vitamina-ormone D. Infatti ognuna delle cellule attrici (linfociti) ha nel proprio interno un recettore (Dvr) al quale si lega la vitamina D, determinandone il comportamento. La carenza di vitamina D causa una insufficiente risposta immunitaria verso le invasioni batteriche e una risposta immunitaria eccessiva nei confronti delle nostre cellule (malattie autoimmuni) o verso le sostanze Not Self (allergie).
Cerchiamo di spiegarlo nel dettaglio.
Risposta immunitaria insufficiente
Le cellule dendritiche, come abbiamo spiegato, hanno il compito d’inglobare l’anti-gene, giungere fino ai linfonodi (dove si trovano i linfociti T vergini), maturare e trasmettere le informazioni del gene da combattere. La vitamina D si lega al recettore (Dvr) e permette la maturazione delle cellule dendritiche, che possono così attivare la duplicazione dei linfociti specifici contro l’anti-gene identificato. La carenza di vitamina D diminuisce il numero di cellule dendritiche mature, allungando il tempo di reazione immunitaria del corpo. E’ per questo motivo che d’inverno (perché non prendiamo il sole e ci copriamo eccessivamente) esistono le epidemie da influenza. Se ci pensate bene, i virus vivono meglio a caldo e d’estate è molto più facile entrare in contatto con i fluidi corporei (sudiamo di più e siamo più scoperti). Ma nonostante ciò non ci sono epidemie influenzali. Il motivo è che siamo più forti (prendiamo il sole, attivando la vitamina D) ed i virus non riescono a sopraffarci.
Risposta autoimmune e sviluppo delle allergie
Il problema delle malattie autoimmuni e delle allergie dipende da un’attivazione eccessiva delle cellule dendritiche. Sono infatti tali cellule, poste nella matrice cellulare (soprattutto quella esposta ad invasioni batteriche e virali) a svolgere un vero e proprio ruolo di sentinelle, a decidere se l’incontro con un anti-gene (Self o Not Self) debba dare inizio ad una risposta immunitaria o meno. Per optare per una simile scelta le cellule dendritiche utilizzano dei veri e propri sensori presenti sulla loro membrana, i recettori Tlr (Toll-Like Receptors), grazie ai quali sono in grado di comprendere se è in atto un’invasione batterica nel tessuto che si trovano a presidiare. Le molecole catturate da questi recettori sono le citochine infiammatorie, rilasciate dalle altre cellule del sistema immunitario: una traccia evidente della loro presenza indica che quindi è in atto un’invasione.
Quindi nel caso delle allergie, non è la presenza delle proteine del polline la vera causa della reazione allergica (infatti altre persone non subiscono tale patologia) bensì la presenza d’infiammazioni interne che attivano le cellule dendritiche, le quali avendo inglobato un anti-gene scelgono di attivare la risposta immunitaria. Lo stesso accade per le malattie autoimmuni, dove le molecole catturate sono dei peptidi molti simili ai nostri tessuti (provenienti da proteine mal digerite) e quindi lo stato infiammatorio spinge le cellule detritiche a stimolare la produzione di linfociti Th1 che a quel punto, attaccheranno i nostri tessuti. La vitamina D è in grado d’inibire la maturazione della cellula dendritica (perché ritiene non necessaria una risposta immunologica) e quindi quando la cellula CD incontra dei linfociti vergini (non ancora attivati), trasferisce informazioni di tolleranza nei confronti della molecola inglobata. Al contrario, la carenza di vitamina D, causa la maturazione delle cellule dendritiche attivando una risposta immunitaria inutile e dannosa. Lo stesso accade quando le infiammazioni acute si trasformano in croniche (rif. pag. 324), perché i vari linfociti T e B presenti nel luogo dell’infiammazione perdono il controllo e mantengono l’infiammazione. Ciò dipende anche dalle interleuchine (citochine o mediatori) prodotte dai vari linfociti. La vitamina D si lega a dei recettori all’interno di queste cellule, modifica la produzione di tali mediatori, facendo terminare l’infiammazione cronica. Lo stesso vale per i tessuti adiposi danneggiati dall’insulina, dove si riscontra maggiore infiammazione cronica. Analoga storia accade per l’intestino dove i linfociti devono contrastare la flora batterica patogena (dove sono presenti il 60% dei linfociti del nostro corpo).
Risultati attribuibili alla vitamina D
Molti ricercatori hanno effettuato degli studi sulla somministrazione della vitamina D riportando risultati strabilianti:
- In uno studio pubblicato dalla rivista Circulation, si metteva in evidenza che ad una minore quantità di vitamina D nel sangue, corrispondeva un aumento, fino al 62%, del rischio da infarto.
- In alcuni studi è stato dimostrato che la quantità doppia (rispetto al minimo) di vitamina D nel sangue, permette una riduzione del 62% del rischio di sviluppare la sclerosi-multipla nella propria vita.
- L’integrazione di vitamina D è efficace per ridurre l’ipertensione (la pressione sanguigna). Diverse ricerche hanno confermato che più ci si allontana dalla linea dell’equatore, più le popolazioni durante l’inverno avvertono maggiormente questo tipo di malattia.
- In Finlandia è stato dimostrato che i bambini che avevano un supplemento di 2.000 ui giornalieri di vitamina D nel primo anno di vita, riducevano del 78% il rischio d’incorrere nel corso della loro vita nel diabete di tipo 1 (Hypponen E et al, Lancet 2001). Questa vitamina risulta molto utile per modulare l’attività delle cellule del pancreas che secernono insulina.
- La vitamina D interagisce anche con le fibrocellule muscolari, tramite un recettore nel Dna che stimola la cellule alla produzione di aminoacidi per ricostruire o far crescere la massa muscolare. Infatti negli anziani l’utilizzo d’integratori di vitamina D, permette una riduzione del 40% delle rotture ossee, anche per la maggiore efficienza del sistema muscolare.
- La vitamina D permette una diminuzione del 52% delle malattie infettive (influenza, tubercolosi, aids) .
- Gli scienziati si stanno concentrando anche sull’azione della vitamina D sul sistema cardio circolatorio. Infatti sono stati trovati dei recettori (Dvr) nelle cellule dell’endotelio vascolare e nei mastociti che generano la risposta immunitaria (con la formazione degli ateromi). Inoltre in alcuni studi è stata confermata una relazione inversa tra quantità di calcio che si deposita sull’epitelio (la calcificazione delle vene) e la quantità di vitamina D (maggiore è la sua presenza e minore è quella del calcio).
- I dottori Andjelkovic Z. Vojinovic J Pejnovic N., in uno studio clinico hanno dimostrato che pazienti malati di artrite reumatoide, trattati con dosi elevate di vitamina D per tre mesi, hanno ridotto la gravità dei sintomi dell’89%. Addirittura il 45% dei soggetti ha raggiunto una remissione completa (Clin Exper Rheumatol, 1999).
I Tumori e la vitamina D
E’ stato dimostrato che la vitamina D ha dei recettori (Dvr) nel Dna delle cellule tumorali. Infatti promuove l’azione dell’apoptosi cellulare, le induce alla senescenza (impedendone la duplicazione) e ne inibisce il potere angiogenico (produzione di nuovi vasi sanguigni). Per tale motivo l’azione della vitamina D sui tumori non è solo indiretto (attivando i linfociti T che uccidono le cellule tumorali) ma anche diretto, perché ne modifica il Dna.
Nel 1974 i fratelli Frank e Cedric Garland, riscontrarono che la mappa degli Stati Uniti sulla mortalità del tumore al colon (dove il rosso indicava un’incidenza maggiore e il blu quella minore) era pressoché identica alla suddivisione tra gli stati del nord e quelli del sud (incidenza bassa riscontrata anche in città inquinate come Los Angeles, dove ci si sarebbe attesa un’incidenza più alta).
Un report del National Cancer Institute ha confermato che la vitamina D diminuiva del 72% le probabilità di morire di cancro colon-rettale (risultati riscontrati anche in molti altri tipi di tumore). Altri studi hanno dimostrato che chi sviluppa tumori, normalmente ha un livello molto basso di vitamina D nel sangue (addirittura i tumori diagnosticati d’estate hanno una prognosi migliore di quelli diagnosticati in inverno).
I due ricercatori avevano dimostrato che nei paesi più soleggiati (quelli del sud) la popolazione sviluppava più vitamina D ed era quindi più protetta dal tumore al colon (pubblicazione del Journal of Epidemiology).
Il Dottor Heaney ha ottenuto con la semplice somministrazione di vitamina D, una diminuzione del 60% nella comparsa del cancro nelle donne dai 50 anni in su.
E’ stato confermato con uno studio nel Nebraska (Stati Uniti) che donne alle quali è stata somministrata una dose di 1.100 ui al giorno per 3 anni, hanno diminuito del 77% il rischio di sviluppare qualsiasi tipo di tumore.
Le analisi statistiche ci confermano che le donne che vivono in paesi a latitudini maggiori (Norvegia, Islanda) hanno 5 volte più la possibilità di sviluppare tumori ovarici a confronto delle donne che vivono nelle zone equatoriali.
Il rischio di tumori alle mammelle, alla prostata ed al colon aumenta del 30-50% in persone che hanno una quantità di vitamina D nel sangue inferiore a 20 mg/ml.
Perché c’è carenza di vitamina D
Abbiamo detto che è possibile aumentare la quantità di vitamina D (colecalciferolo) nel sangue semplicemente esponendoci al sole. Purtroppo però, può sembrare assurdo ma l’80% della popolazione europea ed americana (soprattutto quelli che abitano nei paesi più a nord) soffre di carenza di vitamina D. Questo perché non ci esponiamo abbastanza al sole. Inoltre l’alimentazione non è in grado di fornirci grandi quantità di tale vitamina. Ma il problema dipende anche da altri due fattori, l’obesità e l’acidosi tissutale. Infatti gli adipociti (cellule adipose) trattengono la vitamina D impedendo al corpo di utilizzarla. Quindi più si è obesi e maggiore è la necessità di aumentare la produzione di vitamina D o di fare integrazione.
Infine l’acidosi tissutale promuove la distruzione della vitamina ad opera dei reni, perché questa patologia richiama calcio nel sangue per correggerne l’acidosi (quando c’è troppo calcio si attiva l’ormone paratormone che per evitare maggiore assimilazione dall’intestino, fa diminuire la vitamina D attiva nel sangue).